Le rilevanti novità che interesseranno il sistema fiscale britannico a partire dal 2025, annunciate dal Cancelliere Jeremy Hunt in occasione del cd. Spring Budget, comporterebbero l’abrogazione dell’ultracentenario elitario regime agevolativo Resident Non Domiciled – a tutti noto come Res Non Dom o, semplicemente, Non-Dom.
In sostituzione dello stesso, nelle sale del Parlamento londinese, si ravviserebbe l’introduzione di un nuovo regime opzionale per i soggetti che si qualificheranno come fiscalmente residenti in Regno Unito a partire dal prossimo anno.
In tale contesto, si rende opportuno attenzionare i connotati del regime in vigore e di quello che verrebbe approvato in caso di eventuale abrogazione del primo, cogliendo altresì l’occasione per evidenziare alcuni aspetti critici della disciplina anglosassone, anche mediante un breve confronto con l’analogo regime italiano dei cd. Neo-Residenti.
Il regime UK dei Resident Non Domiciled prevede, in termini generali, l’imposizione ordinaria dei soli redditi di fonte UK, mentre i redditi di fonte estera risultano esenti a condizione che non vengano rimpatriati (c.d. “taxation on a remittance basis”) nel territorio anglosassone.
Più nel dettaglio, la cd. remittance si verifica nel momento in cui i proventi di fonte estera entrano nella disponibilità del beneficiario nel territorio del Regno Unito: quindi, non solo quando vengono materialmente trasferiti in UK, ma anche -ad esempio- in caso di semplice utilizzo per l’acquisto di beni o servizi nel territorio britannico.
L’indiscrezione del Cancelliere Jeremy Hunt, tuttavia, non desta eccessivo stupore, infatti, negli ultimi anni, il regime UK dei Resident Non Domiciled è stato sottoposto a significative restrizioni: ad esempio, i residenti non domiciliati che (i) sono considerati residenti per almeno 15 dei 20 anni precedenti; oppure che (ii) sono nati in UK, hanno il loro domicilio di origine in UK (i.e. il domicilio del padre) e sono stati residenti in UK a partire dal 2017, sono assoggettati a tassazione per i redditi ovunque prodotti in quanto opera nei loro confronti una presunzione assoluta di domiciliazione nel territorio anglosassone (c.d. deemed domiciled), ostativa all’accesso del beneficio di esenzione.
Come anticipato, qualora il cd. Res Non Dom dovesse essere definitivamente abrogato, interverrebbe un nuovo regime agevolativo, il quale, come condizione applicativa, richiederebbe la non residenza del soggetto beneficiario in Inghilterra nei 10 anni precedenti e, in tale ipotesi, garantirebbe la totale esenzione dei redditi esteri per un periodo massimo di 4 anni, indipendentemente dall’eventuale successiva remittance di tali redditi.
Inoltre, il nuovo regime, potrebbe prevedere una fruizione alternata del regime nei diversi anni (i.e. decidere di beneficiare del regime per solo alcune annualità nel decorso del quadriennio) di efficacia dello stesso e non stabilirebbe alcuna norma di natura antielusiva (consentendo -di conseguenza- di esentare qualsivoglia tipo di reddito estero senza alcuna limitazione).
Considerato che la maggior parte delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate a livello internazionale ricalcano i dettami del modello OCSE, l’analisi di quest’ultimo rappresenta un fattore chiave al fine di valutare la compatibilità del regime Non-Dom con le disposizioni convenzionali.
Ciò posto, si evidenzia che la Convenzione OCSE:
Ciò posto, la previsione per cui, nel regime Non-Dom, i redditi esteri non vengano assoggettati ad imposizione nel territorio anglosassone comporterebbe che la disciplina convenzionale non consideri il soggetto beneficiario come residente ai sensi della stessa convenzione (art. 4 par. 1) e, pertanto, la convenzione non risulterebbe applicabile (art. 1); di conseguenza, i benefici convenzionali previsti al fine di sterilizzare i potenziali profili di doppia imposizione che potrebbero emergere, non risulterebbero applicabili.
In altri termini, ad esempio, gli eventuali dividendi esteri non potrebbero beneficiare (nello Stato della fonte) della cd. aliquota convenzionale in uscita -generalmente in misura non superiore al 15%- in ragione della non applicabilità dell’art. 10 del modello OCSE.
A conferma di quanto detto, si evidenzia infatti che la Cassazione più recente (con tre sentenze gemelle: Cass. n. 21694/2020; Cass. n. 21695/2020; Cass. n. 21696/2020; e Cass. n. 20140/2021) propende per la non applicabilità della convenzione ITA-UK da parte dei Resident Non Domiciled, stabilendo “l’inapplicabilità dei criteri di risoluzione della doppia residenza previsti dall’art. 4, paragrafo 2 della citata convenzione”.
Diversamente, il corrispondente regime agevolativo italiano (i.e. regime dei Neo-Residenti, disciplinato dall’art. 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – “TUIR”), prevede, in luogo dell’esenzione, una imposizione forfettaria (nella misura fissa di € 100.000) dei redditi prodotti all’estero da parte dei beneficiari.
In conseguenza di ciò, nella disciplina italiana, a differenza di quella anglosassone, non viene in nessuna ipotesi a mancare la rilevanza fiscale dei redditi esteri, ma si riscontra unicamente una forfetizzazione del prelievo impositivo e, pertanto, i beneficiari del regime sono da considerarsi residenti anche ai fini convenzionali, in quanto la totalità dei redditi sconta imposte -siano esse ordinarie o sostitutive- in Italia.
Di conseguenza, in termini generali, i beneficiari del regime dei Neo-Residenti di cui all’art. 24-bis TUIR possono godere delle disposizioni previste dalle Convenzioni.
Alla luce di quanto sin qui detto, in conclusione, il regime italiano dei neo-residenti parrebbe consentire una maggiore flessibilità in un’ottica di pianificazione fiscale rispetto al regime UK, sia nei confronti di quello in vigore che di quello in procinto di approvazione.
Questo articolo è a cura di Iacopo Carraro del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.
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