La tematica afferente la tassazione dei lavoratori frontalieri, già oggetto di una profonda trasformazione a seguito dell’entrata in vigore dell’Accordo tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri (di seguito, “Accordo”), ha subito un ulteriore recente modifica a seguito dell’entrata in vigore del Decreto-legge 9 agosto 2024 (cd. “Decreto Omnibus”) che ha introdotto un regime d’imposizione sostitutivo applicabile, tuttavia, ad una specifica e particolare platea di lavoratori frontalieri.
Alla luce dei predetti cambiamenti, con il presente lavoro si vuole cercare di fornire un aggiornato e sistematico inquadramento delle regole che devono trovare applicazione in materia di tassazione dell’attività svolta in Svizzera da parte di lavoratori residenti in Italia.
Come già anticipato, l’entrata in vigore a partire dal 17 luglio 2023 dell’Accordo sottoscritto fra Italia e Svizzera il 23 dicembre 2020 – che sostituisce quello precedente sottoscritto il 3 ottobre 1974 (di seguito, “Accordo del 1974”) – ha rinnovato fortemente l’attuale disciplina, occupandosi di fornire una più dettagliata descrizione dell’ambito soggettivo (“nuova” definizione di lavoratore frontaliere) e territoriale (definizione di “zona di confine”) a cui si riferisce, ma soprattutto introducendo un nuovo criterio di tassazione dei redditi in questione che trova, tuttavia, una diversa attuazione a seconda della data in cui il lavoratore frontaliere ha iniziato a svolgere la propria attività.
Tutte queste misure hanno trovato applicazione soltanto a partire dal 1° gennaio 2024.
In via preliminare, occorre evidenziare come l’Accordo ha rappresentato l’occasione di fornire una più aggiornata definizione di lavoratore frontaliere – valevole, a differenza del precedente Accordo del 1974, per entrambi i Paesi (cd. principio di reciprocità) – che viene ora identificata nella figura del lavoratore che:
È proprio dal punto di vista delle modalità di applicazione del prelievo fiscale applicata sulla retribuzione dei lavoratori frontalieri che l’Accordo si è discostato notevolmente rispetto a quanto precedentemente prevedeva l’Accordo del 1974.
Con l’entrata in vigore dell’Accordo, infatti, si è passati:
Paese di residenza mediante tassazione integrale del reddito percepito previa presentazione della dichiarazione dei redditi personale.
In considerazione della riconosciuta facoltà ad entrambi i Paesi di applicare un proprio prelievo fiscale sul reddito percepito dai lavoratori frontalieri, l’Accordo prevede specificatamente anche le metodologie attraverso le quali gli stessi si impegnano ad eliminare la doppia imposizione che si viene a verificare in capo ai propri residenti fiscali; questo avviene, in particolare, per quanto riguarda la Svizzera attraverso l’applicazione di un’imposizione del reddito prodotto in Italia da parte del lavoratore frontaliere svizzero ridotta del 20% (cd. “metodo dell’esenzione”) mentre per quanto riguarda l’Italia attraverso la previsione di una franchigia non soggetta a tassazione (innalzata dal 1° gennaio 2024 da 7'500 a 10'000 euro) ed il riconoscimento del credito per le imposte estere ex art. 165 del TUIR.
In considerazione del notevole impatto che il “nuovo” criterio di tassazione concorrente avrà tanto in termini di carico fiscale, quanto in termini di adempimenti fiscali da porre in essere, l’Accordo prevede un rilevante distinguo fra:
Nulla, invece, risulta cambiato per quanto riguarda i lavoratori frontalieri “fuori fascia” (ie soggetti che risiedono al di fuori della fascia dei 20 km dal confine con l’altro stato) i quali, continueranno ad essere soggetti ordinariamente a tassazione in Italia (con tuttavia il riconoscimento dell’innalzamento della franchigia d’esenzione a 10'000 euro a partire dal 2024) non potendosi avvalere, ora in vigenza dell’Accordo come in precedenza con l’Accordo del 1974, del regime fiscale speciale previsto per il lavoro frontaliere.
Da ultimo, molto brevemente, si deve segnalare come i Vecchi frontalieri risultano tenuti a versare alla propria regione di residenza una quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale (cd. “tassa sulla sanità”) che verrà applicata con decisione di ogni singola regione nella misura compresa fra un valore minimo del 3 % cento e un valore massimo del 6%, con un minimo di 30 euro ed un massimo di 200 euro per ogni mese lavorato, da applicarsi a decorrere dall'anno 2024.
Come già anticipato, le novità introdotte dal Decreto Omnibus hanno trovato la propria giustificazione nella circostanza che l’elenco dei comuni compresi nella zona di 20 km dal confine con la Svizzera predisposto dalle autorità italiane e contenuto nell’Allegato B presenta un numero di 72 comuni che non erano, invece, ricompresi negli elenchi predisposti ai fini dell’applicazione dell’Accordo del 1974 da parte dei Cantoni di confine (Grigioni, Ticino e Vallese).
Proprio al fine di evitare possibili discriminazioni afferenti il trattamento tributario sulle retribuzioni percepite dai lavoratori frontalieri residenti in questi comuni 72 “aggiuntivi” elencati nell’Allegato B ma non negli elenchi predisposti dai singoli Cantoni, assicurando agli stessi un carico impositivo corrispondente a quello che avrebbero subito se fosse stato loro applicato il regime transitorio previsto per i Vecchi frontalieri, è stata introdotta l’opzione per l’applicare tale nuovo regime d’imposizione sostitutivo.
La scelta di aderire al regime in parola deve essere esercitata da parte del lavoratore frontaliere nella propria dichiarazione dei redditi annuale, con il pagamento della relativa imposta sostitutiva entro l’ordinaria scadenza prevista per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dalla quale non potranno detrarre le imposte pagare in Svizzera.
Da ultimo, anche coloro che eserciteranno tale opzione saranno tenuti a pagare la tassa sulla sanità che potranno detrare nella misura del 20% dall’imposta sostitutiva dovuta.
L’imposizione sostitutiva appena presentata risulta altresì esercitabile anche da parte dei lavoratori frontalieri residenti nei comuni delle province di Brescia e Sondrio – già inclusi nella lista dei comuni predisposta dal Cantone dei Grigioni1 – qualora gli stessi alla data di entrata in vigore dell’Accordo o nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2018 ed il 17 luglio 2023 svolgevano (avevano svolto) la propria attività lavorativa nei Cantoni Ticino e Vallese (ie Cantoni non confinanti con le predette due province).
Al contrario, come riportato anche nella relazione illustrativa del Decreto Omnibus, qualora la predetta attività lavorativa fosse stata svolta nei medesimi periodi di riferimento nel Cantone dei Grigioni (ie Cantone confinante con le province di Brescia e Sondrio), i lavoratori frontalieri potevano (possono) beneficiare del regime transitorio previsto dall’Accordo qualificandosi legittimamente quali Vecchi frontalieri.
In fase di primo commento non si può non rilevare come le scelte compiute con il Decreto Omnibus, o meglio le fattispecie “particolari” a cui risulta applicabile il regime d’imposizione sostitutivo appena introdotto, debbano essere analizzate alla luce delle contrastanti posizioni fra i due Paesi nell’applicazione dell’Accordo del 1974.
Come noto, dato che l’Accordo del 1974 non prevedeva (a differenza dell’Accordo) una specifica definizione di Comune di confine, ciascun Cantone di confine (i.e. Grigioni, Ticino e Vallese) aveva proceduto a predisporre un proprio elenco dei Comuni italiani di confine che, tuttavia, includeva unicamente solo quelli che si trovavano dentro alla soglia dei 20 km dalla propria frontiera (la lista predisposta dal Ticino, per tale ragione conteneva solo i Comuni delle provincie di Como, Varese, Lecco e Verbano Cusio Ossola ma non anche quelli della provincia di Sondrio distanti più di 20 km dal confine dello stesso Cantone); conformemente alla stesura di tali elenchi, ciascun Cantone di confine considerava quale lavoratore frontaliere unicamente quei soggetti che, in possesso degli altri requisiti, fossero residenti in uno dei Comuni ricompresi nella propria lista, non riconoscendo tale qualificazione, invece, nel caso di residenza nei comuni presenti nelle liste predisposte da uno degli altri Cantoni.
All’opposto, invece, le autorità italiane ritenevano che la qualificazione di frontaliere dovesse essere riconosciuta non solo ai lavoratori residenti in un Comune il cui territorio sia compreso, in tutto in parte, nella fascia di 20 Km dal confine con uno dei Cantoni di confine, non dando, quindi, rilevanza ufficiale alle liste predisposte dagli stessi Cantoni), ma anche nei casi in cui l’attività lavorativa fosse prestata in uno qualunque dei Cantoni confinanti non dovendo, contrariamente all’interpretazione svizzera, integrarsi anche l’ulteriore condizione che l’attività dovesse essere prestata nel Cantone di confine rispetto al proprio comune di residenza2. Conformemente a tale orientamento, quindi, un soggetto residente a Sondrio che prestava la propria attività nel Canton Ticino [e non nei più vicino e confinante Cantone dei Grigioni] poteva (doveva) essere validamente qualificato come lavoratore frontaliere.
Alla luce delle scelte compiute con il Decreto Omnibus con riferimento tanto ai 72 comuni presenti in piu’ nell’Allegato B rispetto alle liste predisposte dai Cantoni, quanto per i lavoratori residenti nelle province di Brescia e Sondrio che prestavano la propria attività lavorativa nei Cantoni Ticino e Vallese, sembrerebbe potersi concludere che l’Italia si sia così allineata completamente (e silenziosamente) all’interpretazione da sempre fatta propria da parte della Svizzera.
Considerando che le direttive interpretative date dalle autorità cantonali al fine di verificare le condizioni per essere qualificati come soggetti frontalieri nel periodo tra il 31 dicembre 2018 ed il 17 luglio 2023 (propedeutico all’applicazione del regime transitorio previsto dall’Accordo per i Vecchi frontalieri) riprendono pienamente i precedenti orientamenti – richiedendo quindi sia la condizioni di risiedere in uno dei Comuni ricompreso nei “vecchi” elenchi predisposti dallo stesso Cantone, sia quella che l’attività lavorativa deve essere svolta nel Cantone frontista rispetto al proprio comune di residenza, sembrerebbe che l’Italia si sia voluta adoperare in via autonoma ad assicurare un pari trattamento fiscale per quelle fattispecie oggetto di contrasto fra i due Paesi.
Alla luce di quanto sin qui delineato è evidente come l’entrata in vigore dell’Accordo ed in particolare la data dello scorso 17 luglio 2023 abbia rappresentano un enorme spartiacque nell’ambito della disciplina tributaria dei lavoratori frontalieri.
Si è infatti passati da un sistema d’imposizione che attraverso l’applicazione di una ritenuta alla fonte esauriva ogni adempimento di natura fiscale connesso alla percezione di tale reddito, ad uno che con riferimento allo stesso reddito richiede obbligatoriamente la presentazione di una dichiarazione fiscale.
Aldilà della diversa (e maggiore) misura con cui i redditi di lavoro dipendente saranno oggetto di tassazione in capo a tutti i soggetti ricadenti nella categoria dei cd. “Nuovi frontalieri”, quest’ultimi, infatti, si troveranno anche a dover affrontare tutta la complessità che caratterizza la compilazione dei quadri afferenti la dichiarazione del reddito da lavoro dipendente percepito cosi come quello afferente al riconoscimento del credito d’imposta spettante per le imposte applicate in uscita dalla Svizzera.
Sapere correttamente individuare ed assolvere i propri obblighi dichiarativi diventa necessario, oltre che all’applicazione della corretta tassazione gravante sulla fattispecie, anche per porsi al riparto dalle verifiche che l’Amministrazione finanziaria potrà compiere in sede di controllo sulle dichiarazioni aiutata in tale attività anche dallo scambio automatico delle informazioni retributive dei lavoratori frontalieri cui le Autorità fiscali dei due Paesi si sono impegnate con cadenza annuale nell’Accordo.
Le medesime conclusioni devono ora essere estese anche nei confronti di coloro che vorranno esercitare l’opzione per le nuove fattispecie d’imposizione sostitutiva appena introdotte, dato l’adesione alle stesse dovrà necessariamente passare dall’esercizio dell’opzione in un nuovo quadro della dichiarazione dei redditi.
In conclusione, è evidente come, a seguito delle modifiche apportate nell’ultimo anno, l’imposizione fiscale connessa alle fattispecie di lavoro frontaliero passi ora in gran parte attraverso il corretto assolvimento di (non sempre facili) obblighi dichiarativi che a partire dal periodo d’imposta 2024 (ie dichiarazione da presentare nel 2025) dovranno essere posti in essere da parte dei Nuovi Frontalieri (ed ora anche da parte dei Nuovi frontalieri destinatari dei regimi d’imposizione sostitutiva appena introdotti), ma anche (probabilmente da parte dei Vecchi frontalieri al fine dell’assolvimento del contributo sulla sanità).
[1] Si segnala per completezza come nella lista dei comuni predisposta dal Cantone dei Grigioni, mancava un comune per
quanto riguarda la provincia di Brescia (Ponte di Legno) e due comuni per quanto riguarda quella di Sondrio (Andalo Valtellino e
Bema).
[2] Cfr. Risoluzione 38/E del 28.03.2017
Questo articolo è a cura di Luca Guidotti del Centro di Competenza Fiscale Internazionale di Fidinam & Partners.
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