Italia - Rassegna stampa settimanale dal 22 al 28 giugno 2024

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Le news tributarie più importanti della settimana raccolte dai professionisti di Fidinam Italia in materia di: Legislazione, Giurisprudenza, Prassi, Dottrina.

Legislazione

  • Schema di decreto attuativo degli artt. 5, 6 e 9 della Legge delega per la riforma fiscale (Legge n. 111/2023), commentato in: “Rilevanti anche le partecipazioni che si aggiungono a un controllo già esistente”, Il Quotidiano del Commercialista del 28.6.2024: Secondo lo schema di decreto attuativo in oggetto, verranno rinnovati i regimi fiscali relativi al conferimento di partecipazioni che derogano all'utilizzo del criterio del valore normale. In particolare, si osserva che, con riguardo al regime derogatorio di "neutralità fiscale", previsto dal co. 1 dell'art. 177 e dal co. 1 lett. e) dell'art. 178 del TUIR, la riforma fiscale dispone l'eliminazione dell'inciso "in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario" da un testo normativo dei rispettivi commi che rimane per il resto invariato. Inoltre, in merito al regime derogatorio di "realizzo controllato", previsto dal co. 2 dell'art. 177 del TUIR, la riforma fiscale dispone l'integrale sostituzione dell'attuale testo del comma con uno che non ripropone più il vincolo che l'incremento, mediante il conferimento della partecipazione, della percentuale di controllo nella scambiata, da parte della società conferitaria, avvenga "in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario". Le diverse discipline sollecitate, potrebbero risultare finalmente applicabili anche ai casi in cui la o le partecipazioni scambiate e/o quelle trasferite gratuitamente si aggiungano a una situazione di controllo di diritto nella società target già esistente in capo all'avente causa.
  • Bozza del D.Lgs. di riforma delle sanzioni attuativo della Legge delega per la riforma fiscale (Legge n. 111/2023), atteso in Gazzetta Ufficiale il 28.6.2024, commentata in: “Fisco, riforma reati al decollo”, ItaliaOggi del 28.6.2024, pagina 27: Sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto legislativo atteso sulla nuova infrastruttura sanzionatoria fiscale. Per le violazioni commesse dal 1.9.2024, si applicheranno le più miti misure della riforma. Nel testo finale, sparisce inoltre la previsione specifica per i soggetti che non aderiranno alla proposta di concordato preventivo biennale. Termina dunque il complesso iter normativo del provvedimento che ridisegna il sistema sanzionatorio sia in ambito amministrativo che nel comparto penale tributario. Con particolare rilievo alle modifiche di cui al D.Lgs 74/2000, va osservato che le stesse si connotano per l'evidenziazione di una nuova definizione sul controverso tema dei crediti inesistenti ovvero non spettanti, definizione che ovviamente sarà anche quella applicabile ai fini amministrativi al fine di quantificare le relative sanzioni. Sanzioni amministrative che, come noto, sono improntate ad una generale riduzione come nel caso delle violazioni legate agli omessi versamenti con la misura edittale che passerà dal 30% al 25%. In tema di dichiarazioni, al di là del principio identico di diminuzione della sanzione base (per l'infedele dichiarazione si passa dal 90% al 70%), viene delineata una struttura all'interno della quale la ulteriore diminuzione delle sanzioni è correlata da un lato al comportamento seguito dal contribuente e dall'altro all'assenza di controlli o verifiche da parte dell'amministrazione finanziaria prima che il contribuente abbia proceduto a rimuovere od a mitigare la violazione originariamente commessa. Il concetto è dunque quello premiale nei confronti del contribuente che si adopera per ridurre il danno. Nel testo finale trovano spazio anche le modifiche alla disciplina del ravvedimento operoso in relazione al quale vengono disciplinate le ipotesi di accesso anche successivamente alla notifica dello schema di atto. Inoltre, sempre nell'ambito del ravvedimento, si consente l'applicazione del principio del cumulo giuridico. Va infine ricordato che, analogamente alla versione iniziale del decreto, non è stata disciplinata l'ipotesi di applicazione del favor rei, con la conseguenza che le nuove previsioni normative si applicheranno solo con riferimento alle violazioni commesse dal 1.9.2024. Per il passato, dunque, anche da un punto di vista procedimentale, nel campo delle sanzioni amministrative continueranno ad applicarsi le disposizioni attualmente in vigore.
  • Decreto Ministeriale del 25.6.2024, commentato in: “Maxisconto del 120% sul costo del lavoro per nuove assunzioni di 380mila imprese”, IlSole24Ore del 27.6.2024, pagina 3: È stato firmato il 26.6.2024 dai Ministri dell’Economia e del Lavoro il Decreto che rende operativa la maxi-deduzione fiscale prevista dal primo modulo della riforma dell’IRPEF di cui al D.lgs. n. 216 del 30.12.2023. In merito ai soggetti beneficiari, l’agevolazione spetta sostanzialmente ai titolari di reddito d'impresa e gli esercenti arti e professioni che abbiano esercitato l’attività nei 365 giorni antecedenti il primo giorno del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2023 (vale a dire l'1.1.2024 per i soggetti "solari"), ovvero nei 366 giorni se tale periodo d'imposta include il 29.2.2024. Sono invece esclusi i soggetti non titolari di reddito d’impresa (imprenditori agricoli e coloro che svolgono attività commerciali in via occasionali) e le società ed enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa, a decorrere dall’inizio della procedura. In particolare, la misura prevede una quota deducibile del costo del lavoro del 120%, maggiorata al 130% per determinate categorie meritevoli di una maggior tutela. La maxi-deduzione del costo del lavoro spetta per le assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, con contratto in essere al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2023, a condizione che il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato alla fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2023 sia superiore al numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente.

Giurisprudenza

  • Sentenza Cassazione, n. 17433 del 25.6.2024, commentata in "Legittime le riprese per gli addebiti infragruppo tra società consolidate", Il Quotidiano del Commercialista del 26.6.2024: Con la sentenza in oggetto, la Cassazione ha sancito l’inammissibilità dello spostamento di oneri tra società incluse nel medesimo consolidato nazionale, pur se con tali operazioni infragruppo non varia l’imponibile di gruppo. In particolare, il giudizio verteva su un caso riguardante la ripresa di costi non sufficientemente documentati derivanti da prestazioni di consulenza riguardanti strategia commerciale, organizzazione, pianificazione logistica, acquisti, affari finanziari e controllo direzionale avvenute tra due società del gruppo. La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza di secondo grado, la quale sanciva che l’Amministrazione finanziaria non avesse interesse ad agire. La Commissione di secondo grado, in particolare, aveva argomentato che la ripresa dei costi iscritti nel bilancio di una consolidata e addebitati dalla controllante, non modificando il reddito emergente dall’unica dichiarazione del consolidato, non facesse scaturire in capo all’Amministrazione un effettivo interesse a impugnare la sentenza di primo grado. Ad avviso della Cassazione, invece, la tassatività e l’inderogabilità delle norme che attengono alla determinazione del reddito impediscono, indipendentemente dalla correttezza della base imponibile complessiva, l’arbitraria traslazione di elementi reddituali da una società all’altra.
  • Sentenza Cassazione, Sez. Trib., n. 17747 del 27.6.2024, commentata in "Contributi versati all’estero dedotti dalle retribuzioni convenzionali", Il Quotidiano del Commercialista del 28.6.2024: Con la sentenza in oggetto, la Cassazione ha stabilito che, per i redditi determinati con le retribuzioni convenzionali di cui all’art. 51 co. 8-bis del TUIR, è ammessa la deducibilità dei contributi versati nello Stato estero in ottemperanza a disposizioni di legge. Ciò in conformità con l'interrogazione parlamentare 1.2.2001 n. 7-01021, ove si era convenuto che, nonostante la disposizione dell'art. 51 co. 8-bis derogasse ai commi precedenti e, quindi, alla deducibilità dei contributi obbligatori, il sostituto di imposta italiano potesse direttamente scomputare i contributi all'atto delle retribuzioni periodiche. Coerente con tale impostazione risulta anche la circolare 17E/2015 dell’Agenzia delle Entrante, che ha stabilito che il reddito di lavoro dipendente di fonte estera tassato con le retribuzioni convenzionali deve essere dichiarato già al netto dei contributi. Nella pronuncia in oggetto, riferita ad un soggetto residente in Italia con attività lavorativa in Svizzera, una parte dei contributi non era stata dedotta ai fini della determinazione dell’imponibile svizzero, mentre i contributi stessi erano stati portati interamente in deduzione dell’imponibile italiano, determinato con le retribuzioni convenzionali. Le pretese dell’Amministrazione (recupero dell’imposta italiana corrispondente ai contributi dedotti, scomputando però l’imposta assolta in Svizzera sulla quota non dedotta nella Confederazione Elvetica) sono state annullate in toto in sede di legittimità, sulla base di argomentazioni giuridiche che si basano sulla interrelazione, in termini di specialità reciproca, tra oneri deducibili ai fini della determinazione del reddito appartenente ad una singola categoria e oneri deducibili dal reddito complessivo. Secondo la Suprema Corte, in particolare, in assenza di una norma espressa che escluda la deducibilità dei contributi dal reddito complessivo, “nella determinazione di quest’ultimo quegli oneri devono essere dedotti, anche se di essi è esclusa la deducibilità ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, comma 8 bis, del TUIR”.
  • Sentenza Cgt II Liguria n. 273/3/24 del 15.4.2024, commentata in "Vitalizio in cambio di quote sociali: il contratto è unico per il registro", IlSole24Ore del 24.6.2024, pagina 26: Con la pronuncia in oggetto, la Cgt di II grado della Liguria, ha affermato che l'atto di cessione di quote societarie che preveda, quale corrispettivo, la costituzione di un vitalizio, non integra gli estremi di un autonomo contratto e, dunque, non va sottoposta a tassazione ulteriore rispetto a quella stabilita per la vendita della partecipazione sociale. Il giudizio scaturisce dall’impugnazione di un avviso di liquidazione, emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un notaio per il recupero dell’imposta di registro relativa a un atto di alienazione di quote sociali, per il cui corrispettivo era stata pattuita la costituzione di una rendita vitalizia di ottocento euro al mese. Il rogito era stato tassato a imposta fissa in base all’art. 11 della parte prima della Tariffa allegata al DPR 131/1986, relativo agli atti pubblici «aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società». Secondo l’AdE, però, l’atto conteneva due autonome disposizioni, ovvero la vendita e l’istituzione di un vitalizio, e così al notaio era stato chiesto il pagamento del tributo stabilito per la rendita. La Cgt Ligure afferma, invece, che la costituzione del vitalizio è contestuale al trasferimento della partecipazione societaria, e dunque rappresenta l’unica causa della cessione di quote, «al pari di quello che avrebbe potuto essere un prezzo determinato» quale controprestazione del negozio traslativo. Inoltre, il giudice ligure evidenzia che, al più, l’omissione di versamento avrebbe riguardato non l’imposta principale, bensì quella complementare. Dunque, il notaio ricorrente non sarebbe stato responsabile, in solido con le parti contraenti, del relativo pagamento, ciò essendo escluso dal co. 2 dell’art. 57 del DPR 131/1986. Così, ritenuto che la tassazione autonoma della rendita sia illegittima, la Corte respinge l’appello delle Entrate e, considerata la novità della questione, compensa tra le parti le spese del grado.

Prassi

  • Risposta ad istanza di interpello n. 142 del 24.6.2024, commentata in "Taxi, la ricevuta del Pos non basta per i costi", IlSole24Ore 25.6.2024, pagina 32: Con la risposta a interpello in oggetto, l’Agenzia delle Entrate esamina la conformità al Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005, CAD) e ai relativi decreti attuativi di una procedura per la dematerializzazione delle note spese e dei documenti che giustificano le spese sostenute dai dipendenti durante le trasferte di lavoro. Secondo l’Agenzia delle Entrate, richiamando le precedenti indicazioni rese in tema di dematerializzazione e conservazione di note spese e giustificativi, le ricevute di pagamenti elettronici, effettuati con carta di credito aziendale, di per sé non sono sufficienti a documentare fiscalmente la spesa deducibile a meno che non siano accompagnate da altri giustificativi. L’Agenzia delle Entrate ricorda come le prestazioni di trasporto rese da tassisti sono soggette all’obbligo, su richiesta del committente, di fattura che, quando emessa, costituisce documento analogico originale non unico. Tuttavia, ove non sia richiesta la fattura, la contabile rilasciata dal mezzo di pagamento elettronico non è sufficiente a identificare la spesa sostenuta ai fini della deducibilità del costo; è necessario che la stessa sia correlata a un giustificativo di spesa rilasciato dal prestatore dal quale sia possibile individuare i dati essenziali della spesa (data, nome del prestatore, percorso, corrispettivo).
  • Risposta ad istanza di interpello inedita DRE Lombardia, commentata in "Proroga impatriati dopo il distacco all’estero", IlSole24Ore del 27.6.2024, pagina 35: Proroga per un altro quinquennio dell’agevolazione impatriati anche se il lavoratore ha trascorso un periodo di distacco all’estero ma mantenendo sempre la residenza fiscale in Italia. Il calcolo dell’importo dovuto per ottenere l’estensione temporale va, però, effettuato prendendo a riferimento i redditi di lavoro dipendente, oggetto della detassazione, prodotti in Italia nell’ultimo anno in cui ha usufruito dell’agevolazione. Non possono, infatti, rientrare nello sconto fiscale i redditi derivanti da attività lavorativa effettuata in distacco all’estero in quanto, a differenza di quanto accade nel caso di trasferta, la prestazione è resa a favore del soggetto distaccatario estero e risulta distinta da quella svolta in Italia. Nel ripercorrere il quadro normativo dell’agevolazione, l’Agenzia delle Entrate nella risposta ricorda che i benefici degli impatriati sono applicabili ai soli redditi prodotti in Italia, «con conseguente esclusione di quelli derivanti da attività di lavoro prestata dai confini dello Stato». Una condizione che vale per ogni periodo d’imposta del quinquennio agevolabile «fermo restando il requisito della residenza fiscale in Italia». Pertanto, qualora il lavoratore produca redditi agevolabili in Italia solo per alcune annualità, «potrà fruire del regime impatriati esclusivamente in tali periodi d’imposta, pur concorrendo gli altri anni al computo del quinquennio». La DRE ritiene che, nel caso esaminato, il contribuente «possa esercitare l’opzione per l’applicazione del regime speciale per un ulteriore quinquennio» previo il versamento dell’importo del 10% calcolato sull’ultimo anno in cui il diretto interessato ha realizzato redditi in Italia su cui è stata applicata l’agevolazione, ossia l’anno precedente al distacco all’estero.


Dottrina

  • Incassi da clausole di earn out nella rivalutazione delle partecipazioni”, Il Quotidiano del Commercialista del 27.6.2024: Le clausole di earn out riguardano gli accordi di cessione delle partecipazioni e prevedono un aggiustamento (o integrazione) del prezzo in funzione di indicatori economico-patrimoniali conseguiti dalla società acquisita. Si tratta di una rettifica di prezzo che rientra negli aggiustamenti “fisiologici” della compravendita, in quanto consentono di allineare il corrispettivo di vendita alle modifiche che intervengono negli elementi che sono stati assunti per la formulazione dello stesso; dette clausole sono, pertanto, distinte da quelle finalizzate a indennizzare l’acquirente a fronte di specifiche obbligazioni, assunte dal venditore, che si manifestano dopo il trasferimento della partecipazione. Nell'applicazione della rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni quotate e non quotate ex art. 5 della L. 448/2001, regime oggetto di proroga della Legge di bilancio 2024, in presenza di clausole di earn out nei contratti di cessione delle partecipazioni: (i) al momento del perfezionamento del trasferimento si realizza un reddito diverso ex art. 67 del TUIR derivante dall'incasso della parte di corrispettivo fissa; (ii) e, successivamente, al verificarsi delle condizioni previste dalla clausola, si realizza, secondo il principio di cassa, un reddito diverso della stessa natura. La risoluzione n. 74/2021 dell’AdE e la risposta a interpello n. 782/2021 hanno suggerito una modalità di compilazione del modello REDDITI proprio per evitare che venga liquidata una minusvalenza non riportabile ex art. 5 co. 6 della L. 448/2001. Si afferma che, "se la parte fissa del corrispettivo risulta inferiore al valore rideterminato della partecipazione, in sede di compilazione del modello REDDITI PF, nel quadro RT, dovrà essere indicato come «costo» il medesimo valore del corrispettivo percepito". Nei periodi d'imposta successivi, se sarà incassata anche la parte variabile del corrispettivo (earn out), in sede di dichiarazione, il cedente dovrà tener conto dell'eccedenza di "costo" non utilizzato, indicando nella colonna 3 del Rigo RT22 "totale dei costi o valori di acquisto" la differenza tra il valore rideterminato e quello in precedenza indicato nel quadro RT.


 

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